Lievito indigeno sarà lei!

- Letto 15485 volte
Pin It

Fermentazioni spontanee o controllate? Lieviti indigeni o alloctoni? Facciamo un po' di chiarezza.

Nel dibattito tra i guerriglieri delle fermentazioni spontanee e i paladini dei lieviti in busta (lieviti secchi selezionati dicono quelli bravi, ma era tanto per capirci), sempre più spesso si perde di vista il fatto che adottare un tipo o l’altro di fermentazione significa semplicemente scegliere una tecnica di produzione, non abbracciare una religione.

Tralasciando i flame che imperversano sui social networks con cadenza più o meno mensile, ai quali ogni tanto rispondo perché sono focosa, mi preme invece riprendere la chiara ed esauriente disamina fatta da Maurizio Gily, Direttore di Millevigne, che illustra in maniera eccellente i vari tipi di fermentazione.

  1. Vinificazione “alla Provvidenza”: si butta l’uva in una vasca senza lieviti né solfiti né alcun altro additivo, non si controlla la temperatura e si incrociano le dita.
  2. Fermentazione spontanea controllata: si parte da un pied de cuve realizzato facendo fermentare spontaneamente le uve, lo si alleva per alcuni giorni, lo si degusta continuamente e, se il lievito raggiunge le caratteristiche organolettiche e tecnologiche desiderate, lo si utilizza per inoculare le masse di uva che verranno successivamente portate in cantina.
  3. Fermentazione spontanea “vecchio stile”: si butta l’uva in una vasca, questa volta con l’utilizzo di solfiti, contrastando lo sviluppo di batteri potenzialmente dannosi con una rigorosa selezione delle uve.
  4. Inoculo con lieviti selezionati indigeni: sono lieviti selezionati in campo e riprodotti in laboratorio, utilizzati per eliminare i rischi delle fermentazioni spontanee ma per mantenere l’unicità dei lieviti indigeni.
  5. Inoculo con lieviti selezionati “alloctoni”: quelli delle buste che si trovano in commercio, sempre per capirci, e ce ne sono un numero incredibile di tipologie.

Per quanto mi riguarda, utilizzo ormai da anni la tecnica della fermentazione spontanea controllata (numero 2), che trovo molto adatta al mio modo di lavorare e mi consente di minimizzare il rischio derivante dal fatto che a Menfi ad Agosto ci sono anche 45 gradi di giorno e non mi posso permettere, né filosoficamente, né economicamente, né enogastronomicamente (dato che sono allergica) di fare del pessimo aceto.

Qui trovate tutte le spiegazioni su come preparo il pied de cuve e sui risultati che ne ottengo.

Mi trovo bene con questa tecnica, sono soddisfatta dei risultati, non demonizzo né mi permetto di criticare chi lavora in maniera diversa, ma non mi piace il tono sarcastico degli uni né l’atteggiamento difensivo degli altri, e tantomeno lo scontro sterile di posizioni che ormai sembra caratterizzare questa triste e inutile battaglia.

Rimando alla lettura integrale dell’articolo, che ho sintetizzato tagliandolo con l’accetta, perché l’argomento è troppo vasto, troppo “sensibile” e troppo trendy per essere liquidato in due parole.

 

Vuoi saperne di più sui lieviti indigeni?
Leggi anche questi articoli:

I lieviti selvaggi e il miracolo della vita
Ricominciare dai lieviti
Lieviti indigeni in cantina

 

Tags: lieviti indigeni, fermentazione spontanea, vino naturale, vinificazione, lieviti selvaggi

Questo sito utilizza i cookies, anche di terze parti, per offrirti il miglior servizio possibile in base alle tue preferenze.
Nell’informativa estesa puoi prendere visione della nostra privacy policy e conoscere come disabilitare l’uso dei cookies; proseguendo nella navigazione accetti l’uso dei cookies.