
Ho deciso di prendermi un anno di tempo per ripensare tutta la strategia di partecipazione alle fiere, iniziando da Vinitaly.
Ho dieci Vinitaly sulle spalle: dal 2004, quando ci presentammo timidamente in un padiglione Sicilia affollato di grandi aziende, vere e proprie cattedrali del vino - che mi intimidivano e allo stesso tempo mi rendevano orgogliosa di far parte di questo mondo affascinante - al 2013, quando facemmo la scelta di presentarci al di fuori dell’allestimento collettivo della Regione, insieme ad un gruppo di piccole aziende stanche, per vari motivi, di un’organizzazione che non corrisponde più alle nostre reali esigenze.
Dieci anni di crescita, di confronto con altri produttori, di incontri con operatori di mezzo mondo, durante i quali ho imparato tanto di me e della mia azienda, tanto dalle degustazioni e dall’ascolto dei consigli, dai giudizi, dai commenti sui vini.
Dieci anni che sono tanti, forse abbastanza.
Vinitaly è cambiato moltissimo da quel 2004, e anch’io sono cambiata molto. Forse sono cambiata così tanto da non riuscire più a trovare le ragioni per una partecipazione che vada oltre le cose belle che ancora rimangono, ma che nulla hanno a che fare con lo scopo di una fiera che si pone l’obiettivo di mettere in contatto produttori e compratori.
A fronte di costi stratosferici che lievitano ogni anno senza alcun ritegno, al Vinitaly non si fanno più affari, da tempo.
Le relazioni commerciali si creano e si mantengono vive altrove: gli importatori preferiscono incontrarti in un luogo dove non ci sia la calca a disturbare, dove i vini possono essere degustati in tranquillità e alle giuste temperature di servizio, dove l’incalzare degli appuntamenti (da una parte e dall’altra) non disturbi conversazioni e riflessioni. I clienti più piccoli apprezzano molto di più una visita dedicata, una serata di presentazione, un seminario tecnico che attendere in piedi con il calice in mano dietro ad un banchetto affollato. I giornalisti e i bloggers desiderano comprendere l’anima di un’azienda più che ammirare le locandine variopinte e i magnifici allestimenti che poco, pochissimo riescono a trasmettere di te, di chi sei veramente, e di cosa parlano i tuoi vini.
E allora ho deciso di prendermi un anno sabbatico che forse saranno due o più, vedremo.
Rimangono le emozioni, i sorrisi, gli abbracci, il piacere degli incontri … ma forse per questo non c’è bisogno di Vinitaly.
Ci vediamo in giro.
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